Rassegna Opere d'Arte Digitale Nord Sardegna

Mario Sironi
Sassari 12/05/1885
Milano 13/08/1961

Mario Sironi nacque a Sassari il 12 maggio 1885, nella casa posta sulla centrale Via Roma al civico 31 (sopra il portone oggi una targa ricorda l'evento). Il padre Eugenio era ingegnere e architetto, originario di Como e residente a Sassari dal decennio precedente, essendo stato incaricato della progettazione e direzione lavori del Palazzo del Governo (1873-1880), posto in Piazza d'Italia. La madre si chiamava Giulia Villa ed era originaria di Firenze. Mario era il secondo dei sei figli che i coniugi Sironi misero al mondo. La famiglia, cessati gli impegni lavorativi dell'ingegner Sironi in Sardegna, si trasferì a Roma nel 1886: nella Capitale Mario Sironi, rimasto orfano nel 1898 (era appena tredicenne) del padre prematuramente scomparso, compì gli studi superiori conseguendo il Diploma Tecnico e iniziò gli studi alla Facoltà di Ingegneria nel 1902, ma si sentiva portato per il mondo dell'arte. Abbandonato il corso di Ingegneria l'anno seguente, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti ed ebbe occasione di conoscere i pittori Giacomo Balla (Torino, 18 luglio 1871 – Roma, 1° marzo 1958), che lo accolse nel suo studio, Gino Severini (Cortona, 7 aprile 1883 – Parigi, 26 febbraio 1966) e Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 17 agosto 1916), all'epoca impegnati tutti e tre insieme nella pittura divisionista e ispirati da tematiche sociali nelle loro opere. Mario Sironi si formò in questo ambiente: nel 1905 poté esordire partecipando alla sua prima mostra, una collettiva, organizzata dalla Società Amatori e Cultori, poi poté collaborare come illustratore con L'Avanti della Domenica (eseguì tre copertine). La sua ricerca personale partì dall'esperienza divisionista e poté conoscere le altre esperienze artistiche internazionali grazie a un viaggio a Parigi nel 1906 e a tre soggiorni fatti a fine decennio, tra il 1908 e il 1910, in Germania, a Erfurt. Come artista nei primi anni Sironi fu attratto dai volumi e dalle architetture, con impostazioni di gusto classico ma calate in atmosfere cupe, incombenti, che probabilmente rispecchiavano un proprio lato della personalità: Sironi attraversò nella sua vita diverse fasi depressive, melanconiche, durante le quali evitava il contatto umano e si metteva a dipingere, solitario. Nel 1913 si avvicinò al Futurismo attraverso Boccioni e nel 1915 si trasferì a Milano. Con i Futuristi Filippo Marinetti (Alessandria d'Egitto, 21 dicembre 1876 – Bellagio, 2 dicembre 1944), Achille Funi (Ferrara, 1890 – Appiano Gentile, Como, 1972), Antonio Sant'Elia (Como, 30 aprile 1888 – Monfalcone, Gorizia, 10 ottobre 1916) combatté durante la Prima Guerra Mondiale, prestando servizio insieme a loro nel Battaglione di Volontari Ciclisti. Nel 1919 rientrò a Roma ed ebbe modo di tenere la sua prima personale a luglio, nei locali della Casa d'Arte Bragaglia: nello stesso mese sposò anche Matilde Fabbrini, sua fidanzata sin dal 1915. Nell'autunno dello stesso anno si trasferì a Milano (solo, la moglie lo raggiunse l'anno seguente, quando le sue condizioni economiche migliorarono) e si avvicinò all'allora nascente Fascismo: il movimento politico per Sironi rappresentava un'opportunità di rinascita, anche artistica, di un'Italia uscita vittoriosa dalla guerra solo sui trattati ufficiali, ma lacerata socialmente e economicamente prostrata. La vicinanza con il Fascismo, raccoglitore anche delle istanze futuriste, fu sempre più stretta: nel 1920 iniziò a collaborare con la rivista Le Industrie Italiane Illustrate e dall'anno seguente con Il Popolo d'Italia, il giornale fondato e diretto da Mussolini, testata con cui pubblicò ininterrottamente, dapprima come illustratore, poi dal 1927 come critico d'arte, fino al 1942. Dai primi Anni Venti la sua pittura divenne ancor più forte, impressionante nella potenza resa in chiave oscura, cupa, raffigurando luoghi poveri e vuoti, le periferie costruite con volumi architettonici tragici nella loro freddezza immobile: fu da subito notato e seguito nel tempo da Margherita Sarfatti (Venezia, 8 aprile 1880 – Cavallasca, Como, 30 ottobre 1961), scrittrice che con lui, Funi e altri artisti, insieme al gallerista Pesaro, fondò a Milano nel 1922 il Gruppo del Novecento. Novecento perorava un nuovo corso per l'arte italiana, soprattutto per la pittura si opponeva a qualsiasi richiamo a esperienze passate, facendo propri i contenuti del manifesto “Contro tutti i ritorni in pittura”, firmato nel 1920 da un gruppo di artisti tra i quali Mario Sironi. I Novecentisti, e quindi Sironi anche, iniziarono a seguire una Classicità “moderna”, ossia una forma esente dagli accademismi ottocenteschi, pura ed essenziale nel disegno e priva di pittoricismi, filtrata attraverso una sintesi purista. Mario Sironi di Novecento divenne in breve tempo l'elemento di punta: iniziò una stagione di partecipazione a numerose mostre ed esposizioni, a partire dal 1924 quando con i colleghi fu presente alla Biennale veneziana, per continuare fino alla fine del decennio con una notevole serie di presenze a mostre italiane, europee e anche qualcuna tenuta in America (a Buenos Aires). Dal 1928 con l'architetto Giovanni Muzio (Milano, 12 febbraio 1893 – 21 maggio 1982), aderente anche lui a Novecento, collaborò all'allestimento di diverse esposizioni e mostre, palesando una transizione dall'opera pittorica alla decorazione su scala grande, monumentale: Sironi di fatto traspose dalle sue tele alla realtà quella sua ricerca di volumi e architetture sublimate, eteree e fosche sulla tela: il passo successivo arrivò con gli Anni Trenta, con le importanti commissioni del Regime di decorazioni imponenti, monumentali, che risolse brillantemente passando a una tecnica, il Muralismo, che da anni lo attirava e che lo mise “a contatto diretto” con la volumetria architettonica potendovi operare realizzando le proprie idee (tanto da fargli scrivere anche l'articolo “Pittura murale” apparso su Il Popolo d'Italia del 1° gennaio 1932 e il “Manifesto della Pittura Murale”, firmato anche da altri artisti tra i quali Funi nel dicembre 1933). Nel 1932 si separò dalla moglie Matilde, con la quale il legame si era logorato lentamente negli anni, sebbene gli avesse dato due figlie, Aglae nata nel 1921 e Rossana nel 1929: separatosi, si legò con Mimì Costa, conosciuta nel 1930 e che rimarrà con lui fino ai suoi ultimi giorni. Le commissioni e gli impegni portarono Sironi a diminuire notevolmente la partecipazione alle mostre, tenne saltuariamente poche personali e prese parte a poche collettive.

La Seconda Guerra Mondiale portò il crollo del Regime Fascista, dapprima con il 25 luglio 1943 e la conseguente adesione di Mario Sironi alla Repubblica Sociale di Salò, e quindi la totale disfatta con la morte di Benito Mussolini il 25 aprile 1945: Sironi fu travolto da tutto questo, rischiò anche la vita se non fosse stato riconosciuto e salvato, in un posto di blocco partigiano tra Milano e Como, dall'allora giovanissimo scrittore Gianni Rodari (Omegna, Verbania, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980), che gli evitò la fucilazione trovandosi davanti un uomo sconvolto, che camminava in direzione di Como con la sua cagnetta a guinzaglio, anticipando nella realtà la figura neorealista e tragica del film Umberto D di Vittorio De Sica, girato a Roma nel 1952. Per Mario Sironi fu probabilmente un inferno in terra vedere crollare sotto le bombe e le fucilazioni (come un castello di sabbia sotto il sole) il mondo monumentale, architettonicamente solenne e “grandioso” di un Regime che lo cullò e lo sublimò realmente come artista, facendolo divenire un deus ex machina nell'arte italiana ai patti decisi da lui, accondiscendendo spesso alle sue visioni, facendogli plasmare una realtà che fu sì scenografica, ma anche solida come la cartapesta e che si dissolse. Alla tragedia si sommò tragedia: nel 1948 un disilluso, amareggiato Sironi subì anche il suicidio della figlia Rossana, diciannovenne. Fu la pittura a dargli forza e spingerlo ad andare avanti: vi traspose la propria anima, smantellando la monumentalità e amplificando la cupezza. Il Dopoguerra artisticamente nel pubblico corrispose ad una serie di mostre a cui partecipò in Italia e all'estero, ma rifiutò sempre la partecipazione alle Biennali di Venezia, vedendovi un mondo nuovo e a lui alieno. Nel 1956 ricevette la nomina a membro della romana Accademia di San Luca, datagli per riconoscimento della sua attività artistica di livello nazionale. Negli ultimi anni fu colpito da artrite deformante e la sua salute peggiorò fino al ricovero ospedaliero nell'estate 1961, quando si spense in una clinica milanese il 13 agosto. A Mario Sironi il 24 giugno 2011 è stata ufficialmente intitolata l'Accademia di Belle Arti della Sardegna, fondata nel 1989 nella città che gli diede i natali, Sassari.

 

Bibliografia

Altea G. – Magnani M., Pittura e Scultura dal 1930 al 1960, Ilisso, Nuoro, 2000, pp. 54, 87, 111, 118, 262.

Altea G. – Magnani M., Pittura e Scultura del Primo Novecento, Ilisso, Nuoro 1995, pp. 38, 94, 180, 184.

Pica A., Mario Sironi pittore, Edizioni del Milione, Milano, 1962.

Pintore L., Quadreria del Comune di Sassari – Catalogo generale, Soter editrice, Villanova Monteleone (SS), 2000, pp. 128-129.