Rassegna Opere d'Arte Digitale Nord Sardegna

Giuseppe Biasi
Sassari 23/10/1885
Andorno Micca 20/05/1945

Nato a Sassari il 23 ottobre 1885, nella casa posta sulla Via Cavour e prospiciente la Piazza Ospedale (divenuta dal Primo Dopoguerra Piazza Fiume), Giuseppe Biasi completò gli studi classici al Liceo Classico “Domenico Alberto Azuni” e conseguì la Laurea in Giurisprudenza nel 1908, ma la sua vera passione, che lo contraddistinse nel panorama regionale come il maggior artista della prima metà del XX secolo, fu la Pittura. Illustratore, pittore e incisore: Biasi fu portato al disegno sin da giovanissimo, dedicandosi alle caricature di amici e professori già sui banchi del Liceo. Il passo successivo fu, nel 1902, la pubblicazione delle sue caricature sui giornali goliardici sassaresi. Autodidatta, grazie a un soggiorno di alcuni mesi a Roma nel 1905, fu introdotto dal poeta Salvator Ruju (Sassari, 6 maggio 1878 – 21 giugno 1966) nella redazione dell'Avanti della Domenica, per la cui testata eseguì alcuni disegni e una copertina. All'epoca nell'Italia giolittiana le forme d'arte più avanzate erano l'Illustrazione e la Grafica cartellonistica pubblicitaria, campi che formarono numerosi talenti pittorici. Rientrato a Sassari, dove tenne una mostra di caricature (1905), poté maturare l'esperienza fatta e un nuovo slancio arrivò con il quadriennio 1907-1910, passato sotto contratto come illustratore con il Giornalino della Domenica edito a Firenze. A questi suoi primi passi, dal 1910, sopraggiunse l'importante collaborazione con Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) che permise a Biasi, divenuto il principale illustratore delle opere della scrittrice nuorese, di lavorare con riviste quali L'Illustrazione Italiana e La Lettura, le cui porte gli furono aperte dalla Deledda. Nel 1909 partecipò alla Biennale di Venezia, ma in sordina. Furono gli Anni Dieci a portare a Biasi una serie di successi, consentendogli di affermarsi a Sassari come il vero punto di riferimento del panorama artistico e intellettuale, così come proseguì una serie di visite-studio ai paesi dell'interno della Sardegna iniziate nel 1907, in seguito all'invito fatto dagli intellettuali sardi Luigi Falchi (Sassari, 1873 – 1940) e Josto Randaccio (Cagliari, terzo quarto del XIX secolo – Metà del XX secolo) ai giovani artisti sardi di creare un'arte “propria” della Sardegna, cercando nuova linfa nella plurisecolare tradizione cristallizzata nei costumi patriarcali e nei ritmi ripetitivi della vita delle campagne. Furono queste visite a instillare a Biasi la forza e l'impronta tipica di quelle che saranno le sue opere nei decenni successivi. Giuseppe Biasi attraversò gli Anni Dieci mietendo successi con le sue partecipazioni alle varie esposizioni tenute in Italia (a Milano, a Roma e a Venezia): una pittura dalle composizioni singolari, pressoché sempre d'ambientazione sarda, dove sono raffigurati personaggi che paiono sospesi nel tempo, ammantati nelle loro vesti tradizionali da cui traspare il colore (una tavolozza ampia, di toni contrastanti ma non accesi e dalla solida stesura) e che sono staticamente posti davanti a sfondi desolati e dall'atmosfera crepuscolare di paesaggi agresti (ma sono campagne spoglie, con pochissimi elementi vegetali, oppure villaggi arcaici, dai volumi elementari). La visione di Biasi è quella di una Sardegna leggendaria, ieratica, ammantata dei secoli della storia. La sua tecnica appare mista: alla pittura ad olio assomma, sullo stesso supporto (tela o cartone o masonite) la tempera, dando vita a pellicole pastose, dense ma non a rilievo, prive di grumi voluminosi. Nel 1912 si dedicò all'incisione, preferendo il legno per creare matrici ma solo in due pezzi, all'inizio, maneggiò lui la materia, mentre in seguito preferì avvalersi di collaboratori: la xilografia fu così un altro suo campo dove si segnalò a livello nazionale, tanto che dal 1914 collaborò con la rivista Eroica.

 

Il Primo Conflitto Mondiale vide una sua partecipazione al fronte nel 1915, ma la ferita riportata da una granata (senza gravi conseguenze) a una gamba pose termine dopo poco tempo al suo contributo allo sforzo bellico.

Uomo di vasta cultura, parlatore arguto, artista capace di affrontare e padroneggiare molte tecniche artistiche, Giuseppe Biasi era divenuto nel volgere di un quindicennio antesignano e maestro della Scuola Sarda pittorica del XX secolo.

I primi Anni Venti, con l'affermarsi della nuova corrente di Novecento e il sorgere del Fascismo, posero a Biasi una pausa di riflessione, che volle spendere soggiornando per un triennio (1924-1927) in Nord Africa, prediligendo l'Egitto. La sua arte si giovò in Africa di una rinnovata energia tratta dai colori assolati delle vesti dei Berberi e dalla luce rarefatta dei panorami sabbiosi. Eseguì varie tempere su carta, cariche di grande sensualità e permeate da una contrastante dicotomia: l'aspetto etnografico delle scene assommato all'esotismo dei soggetti da una parte, lo schematismo di sapore Decò del tratto e le cromie dall'altra.

Rientrato in Sardegna si dedicherà di nuovo, a partire dal 1928 fino alla metà degli Anni Trenta, all'incisione, questa volta lasciando la xilografia per la linoleografia, allontanandosi dalla Scuola Incisoria Sarda tradizionale (votata alla xilografia) e prendendo come collaboratore (per trasportare su linoleum i suoi disegni) dapprima Battista Ardau Cannas e poi, dal 1930-31, Iginio Zara, che terrà vicino come collaboratore fino alla fine.

Il Biasi che si affaccia agli Anni Trenta, oramai artista maturo e noto, con una sua ampia ed elevata cerchia di estimatori e mecenati (i Conti Alberto e Josefine Arborio Mella di Sant'Elia gli faranno varie commissioni, tra cui la Sala degli Specchi della loro residenza a Viareggio, chiamata Villa Argentina), è anche un uomo amareggiato perché conscio della posizione propria e degli altri sardi rispetto al panorama nazionale italiano: è una posizione comunque e sempre marginale, dettata dalle linee guida che portano su binari tracciati il sistema dell'Arte italiana e che stentano a valorizzare quanto la Sardegna ha da offrire nel campo artistico all'Italia. L'attività artistica di Biasi nel decennio conobbe una buona serie di risultati, esponendo oltre che alla Biennale di Venezia anche alle mostre romane della Quadriennale e dell'Arte Coloniale. Nel 1936, insieme a Giulio Ulisse Arata (Piacenza, 21 agosto 1881 – 15 settembre 1962), diede alle stampe un importante volume, intitolato “Arte Sarda”, dal ricco apparato di immagini fotografiche: fu un suo tributo alla terra sarda, probabilmente ben conscio che quanto lui conobbe nei viaggi fatti nei paesi dell'interno sardo, patriarcale e arcaico, oramai era prossimo a scomparire per far posto a una modernità uniformata, piatta e senza identità. L'ultimo scorcio del decennio vide Biasi nella sua Sassari: nel 1939 vi tenne una mostra personale di paesaggi, poi preparò i cartoni per i mosaici di Fertilia nel 1940 e del Tribunale di Sassari nel 1941. Per nuove commissioni ricevute, malgrado l'incalzante Secondo Conflitto Mondiale e il declinare delle sorti dell'Italia Fascista, nel 1942 Giuseppe Biasi prese residenza stabile a Biella, centro in cui si era già recato varie volte sin dal 1940. Qui nel triennio 1942-1945 produsse una serie di dipinti, connotati da un Naturalismo a cui era approdato da qualche tempo come nuova fase del suo percorso artistico. Purtroppo l'accusa infondata (dettata da pericolose inimicizie) di collaborazionista con l'occupante Tedesco e i Repubblichini portò Biasi all'incriminazione nella primavera del 1945 e morì in seguito ad un assalto condotto da una folla inferocita, ucciso da un sasso durante uno spostamento di carcerati, ad Andorno Micca presso Biella, il 20 maggio di quella stessa primavera.

 

Bibliografia

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