Dalla critica Antonio Ballero è stato definito, con buona ragione, un artista di “transizione”: andò a collocarsi geograficamente e storicamente nel luogo e nell'epoca che per la Sardegna significarono tanto. Antonio Ballero nacque a Nuoro nel settembre 1864 e morì a Sassari nel gennaio 1932: sessantasette anni posti quasi perfettamente a cavallo tra Ottocento e Novecento. Di formazione classica per gli studi superiori (condotti a Cagliari), Ballero rientrò nella sua natia Nuoro allorché questo centro dell'interno andò a conquistarsi il titolo, carico di aura mitica ma pienamente giustificato nella sostanza, di “Atene sarda”, indicante la temperie socio-politico-intellettuale che andò a crearsi tra i tre quartieri storici componenti la cittadina e le figure che da questo allora piccolo centro interno furono espresse (Sebastiano Satta, Grazia Deledda, Francesco Ciusa etc.). Il percorso intellettuale di Ballero si caratterizzò nella fase iniziale nel campo della Scrittura, tenendo quasi il passo con sua cugina Grazia Deledda (Nuoro, 27 settembre 1871 – Roma, 15 agosto 1936) ma ben presto, mentre Grazia maturò spiccando il volo nel panorama letterario regionale e italiano, Antonio Ballero dette alla luce, entro il 1894, il romanzo d'ambientazione sarda intitolato Don Zua e il racconto Le Vergini bionde, improntati entrambi a un mix di realismo e atmosfere oniriche. La penna cedette quindi spazio al pennello, che Antonio Ballero utilizzava già da alcuni anni, perseguendo il realismo accademico attraverso piacevoli paesaggi e vedute dalle gradite tinte cromatiche della sua Nuoro (partecipò nel 1896 all'Esposizione Artistica Sarda tenutasi a Sassari). La Pittura fu la sua strada e la intraprese con grande passione, aggiornandosi per quanto possibile, sebbene professionalmente si accontentò dell'insegnamento nella scuola: malgrado un'attività lavorativa probabilmente non appagante, riuscì a viaggiare e se si considera che nel 1903 poté visitare la Biennale Veneziana e nell'occasione poté conoscere Giuseppe Pellizza da Volpedo (Volpedo, Alessandria, 28 luglio 1868 – 14 giugno 1907), i mezzi a sua disposizione erano di fatto bastevoli perché la sua personalità artistica potesse maturare serenamente e con il dovuto apporto di nuovi stimoli dall'esterno. Fu così che Ballero abbracciò la corrente del Divisionismo, coltivato grazie alla serie di viaggi che poté concedersi durante tutto il primo decennio del Novecento: la sua tavolozza fu piena di cromatismi particolarmente luminosi, raggiungendo quella maturità riconosciutagli dalla critica con gli Anni Dieci del Novecento. La sua ricerca pittorica portò ad esiti particolari, come la sperimentazione per i “notturni”, composizioni originarie e molto gustose. Eseguì anche delle chine (nere e colorate), alcune acquerellate, con assai buoni risultati tra il 1921 e il 1925, dando vita di fatto a una fase importante della sua evoluzione d'artista; nell'ultimo periodo della sua produzione esplorò le possibilità espressive offerte dalla monotipìa. Partecipò ad alcune esposizioni in grandi città italiane (a Milano nel 1909, a Napoli nel 1910), ed ebbe la sua prima personale a Sassari nel 1916, mentre la prima personale nella Penisola fu a Milano nel 1920. Conosciuta nel 1919 l'artista Ofelia Verzelloni, originaria di Faenza e venuta a Nuoro per insegnare nella sua stessa scuola, Ballero la sposò nel 1921 e, ottenuto l'insegnamento a Sassari, i coniugi Ballero vi si trasferirono. Antonio Ballero per tutto il decennio degli Anni Venti partecipò a molte esposizioni nazionali, riproducendo sulle sue tele scene di feste, balli, gare poetiche, paesaggi e costumi della sua Sardegna; notevole fu anche la sua produzione ritrattistica, introspettiva ed emozionale con punte di romanticismo.
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