Rassegna Opere d'Arte Digitale Nord Sardegna

Bernardino Palazzi
Nuoro 22/12/1907
Roma 13/11/1986

Di padre continentale e di madre sarda, studiò dapprima a Nuoro e poi iniziò gli studi ginnasiali a Sassari, tra il 1917 e il 1920, ma non li concluse: appassionato sin da giovanissimo alla pittura in particolare (insieme all'amico Giovanni Ciusa Romagna andava per le campagne intorno Nuoro a cercare soggetti e ispirazioni) e all'arte tutta in generale, all'età di quattordici anni si recò a Roma e si iscrisse ai corsi dell'Accademia di Francia. Il soggiorno romano durò alcuni mesi, periodo di tempo che passò alternando i corsi accademici alle ore passate nello studio del pittore e incisore Carlo Alberto Petrucci (Roma, 1881 – 1963), suo primo maestro. Lasciò Roma e passò diverse settimane a Firenze, dove conobbe il pittore Felice Carena (Cumiana, Torino, 1879 – Venezia, 1966) e ne frequentò lo studio, per poi ricongiungersi con la famiglia a Padova, in Veneto, dove il lavoro del padre aveva richiesto il trasferimento dalla Sardegna. A Venezia Bernardino Palazzi poté ammirare e studiare i capolavori del Tiziano, del Veronese, del Tintoretto, elaborando in sé un colorismo direttamente inspirato e suggestionato dalle magie cromatiche create dai maestri antichi. Palazzi mantenne fede alle sue origini nuoresi e trasse ispirazione per le sue prime opere dall'etnografismo della sua Sardegna: esordì così nel 1925, con quadri di soggetto sardo, alla I Esposizione degli Artisti di Ca’ Pesaro al Lido di Venezia. La sua pittura ebbe successo e notatolo l'artista e critico Antonio Maraini (Roma, 5 aprile 1886 – Firenze, 23 maggio 1963), ebbe l'invito per la XVI Biennale veneziana nel 1928. L'anno seguente decise di aprire studio a Milano e vi si trasferì. La sua pittura era assai particolare: l'impianto era tributario dell'insegnamento preso dal Carena, con scene costruite in maniera solida e ricca, con forte horror vacui, mentre il cromatismo era ricco, forte, di tonalità tributarie invece del colorismo veneto antico e del colorismo francese suo contemporaneo. I soggetti di Palazzi non furono solo sardi: seppe accostare il filone che tributava omaggi alla sua terra a un filone moderno, aperto agli influssi della temperie culturale del Novecento italiano prima (ritrasse molto spesso donne, in scene di genere o di nudo) e poi aggiornatosi nel Dopoguerra guardando al figurativo con ascendenze prese da Matisse (Le Cateau-Cambrésis, 31 dicembre 1869 – Nizza, 3 novembre 1954), sveltendo il pennello e schiarendo la tavolozza. Nella grande città ebbe modo di avvicinarsi all'ambiente intellettuale e artistico meneghino: conobbe il giornalista Orio Vegani (Milano, 6 febbraio 1898 – 6 aprile 1960), che in seguito divenne curatore della sua prima monografia d'artista, e frequento il Cenacolo di Bagutta, nato nel 1926 presso l'omonimo ristorante quale luogo di incontro privilegiato per artisti e letterati che, ritrovandosi nella saletta a loro dedicata, fecero da allora del ristorante un punto di riferimento nel panorama artistico milanese. Gli Anni Trenta furono per Palazzi assai impegnativi, partecipando con le sue opere alle Biennali di Venezia del 1930 e del 1932 con molto successo e iniziando a presenziare alla Quadriennale Romana a partire dalla I edizione fino a quella del 1959; nel 1932 fece un viaggio a Parigi ed eseguì il ritratto a Wanda Toscanini, figlia del grande maestro Arturo; nel 1934 poté allestire la prima mostra personale a Milano nella Galleria di Lino Pesaro. A partire dal 1935 incominciò a collaborare come illustratore per alcuni giornali e riviste. Nel 1939 fece un viaggio in Africa. Il decennio degli Anni Quaranta fu per Palazzi altrettanto impegnativo e non risentì particolarmente (né nel produrre opere né nel partecipare a mostre nazionali) del Conflitto Bellico prima e del Dopoguerra dopo. Nel 1949 partecipò alla Mostra di Artisti Sardi tenutasi a Venezia nella Fondazione Bevilacqua La Masa e nel 1950 si trasferì a Sanremo con la moglie, la sua modella preferita Maray Abbove che aveva sposato a Milano nel 1946. Attivo, Palazzi procedette a un suo rinnovamento stilistico: nel 1953 eseguì il dipinto “Cavalcata Sarda” commissionatogli dalla Regione Sardegna ed esposto nell'aula consiliare regionale, nel 1954 espose a Sassari, nel 1955 eseguì il ritratto per il Maestro Arturo Toscanini (nel 1932 aveva ritratto la figlia) e nel 1956 fu presente con dipinti di tema sardo alla mostra dell'ENIT tenuta a Parigi. Nel 1958 lasciò Sanremo per trasferirsi a Roma, dove risedette e lavorò fino alla morte. Nel 1961 fu incaricato di illustrare il libro Storia della mia vita di Giacomo Casanova: eseguì ben 320 tavole a colori. Nel 1965 realizzò la grande pala d'altare per la chiesa di Sant'Ignazio di Loyola ad Oliena: fu uno dei rarissimi momenti in cui Palazzi si dedicò all'arte sacra, contando come pregresso la mostra di soggetti sacri che tenne quasi vent'anni prima, nel 1947, a Biella. Nell'ultimo periodo della sua vita illustrò un'edizione della Gerusalemme liberata del Tasso con 40 tavole e si dedicò per un decennio, tra il 1969 e il 1979, a dar vita a un'opera su rotolo (lungo circa 18 metri) che riassumeva pittoricamente la sua vita. Morì a Roma il 13 novembre 1986.

 

Bibliografia

Altea G. – Magnani M., Pittura e Scultura dal 1930 al 1960, Ilisso, Nuoro, 2000, pp. 36, 155, 160, 184, 186, 243.

Altea G. – Magnani M., Pittura e Scultura del Primo Novecento, Ilisso, Nuoro 1995, pp. 232, 241, 244, 279.

Còlomo G., Albo generale artisti sardi, Edizioni Nuova Europa, Firenze, 1978, pp. 313-315.

Frongia M. L., MAN - Catalogo della collezione, Stampacolor, Muros (SS), 1998-99, pp. 132 e ss..

Ladogana R., Bernardino Palazzi, collana I Maestri dell'Arte Sarda, Ilisso, Nuoro, 2005.

Spanu L., Artisti sardi del XIX-XX secolo, Artigianarte Ed., Cagliari, 1991, pp. 96-97.