Rassegna Opere d'Arte Digitale Nord Sardegna

Spiaggia di Platamona
Dipinto a olio su cartone telato
1951

Esiste una foto, scattata dal fotografo sassarese Salvatore Marras (Cagliari, 10 giugno 1909 – Sassari, 6 settembre 1995), di Costantino Spada ritratto mentre dipinge quest'opera. Platamona è considerata dai Sassaresi la “loro spiaggia”: proprio nei primi Anni Cinquanta il Comune di Sassari, per iniziativa dell'allora Sindaco Oreste Pieroni (Sassari, 31 agosto 1899 – 25 ottobre 1976), realizzò le prime opere di urbanizzazione per far divenire quel lembo di litorale sabbioso del territorio comunale una frazione della città (all'epoca sui giornali veniva indicata come “Sassari Marina”, poi si confermò nell'uso comune l'antico toponimo Platamona). La pittura di Spada è rapida, dai colori densi, prevalenti le tonalità calde e terrose: la composizione si articola tra corpi in costume da bagno che prendono il sole, ombrelloni con tende e sul lembo sinistro la struttura lignea di un “casotto” ossia un “alloggio temporaneo estivo” di cui Platamona pullulò in quegli anni e usati dalle famiglie per trascorrervi brevi periodi di soggiorno in riva al mare. L'inquadratura è più da cartolina, con questo taglio diagonale per comprendervi quanti più soggetti possibili, lasciando il mare a mero sfondo, reso con pennellate pastose e grasse.


 

La fonte d'ispirazione:

Platamona

Il toponimo Platamona pare essere di origine greca e formato dalle parole “platamon” e “onos”, stanti per “superficie piana”, quindi riferibile alla condizione fisica della zona. Il toponimo è probabilmente di origine bizantina (VI-VIII secolo dopo Cristo), essendo più arduo sostenere che esso preceda l'epoca Romana collocandosi nei secoli prima di Cristo. In epoca Romana la zona di Platamona dovette essere frequentata abbastanza dall'uomo, sebbene la fascia rivierasca fosse priva di abitazioni e strutture: si prenda in esame la porzione di territorio a ridosso grossomodo delle sponde dello stagno costiero. Questa porzione di territorio, nella parte meridionale, già nell'entroterra, era senza dubbio attraversata dalla strada che congiungeva Turris Libysonis a Tibula e al centro collinare di Ad Herculem. Il passaggio della strada nell'entroterra è spiegabile facilmente per il fatto che la porzione costiera di Platamona era allora, e lo fu fino alla metà del XX secolo, caratterizzata da un sistema dunale anche imponente, con vere e proprie colline di sabbia alte diversi metri (resta qualche rarissima memoria fotografica del Novecento). Il sistema dunale era mantenuto in piena efficienza anche dalla presenza di numerosi ginepri, in numero tale (nei secoli passati) da aver formato un manto boschivo con esemplari di notevoli dimensioni e con anche centinaia di anni di vita. Le sponde dello stagno erano ricche di canneti e ancora di ginepri, mentre nella porzione meridionale di Platamona, dove al suolo sabbioso o misto di terra e sabbia subentrava la terra, là dove dunque il suolo era ben compatto, era possibile sia coltivare sia transitare con i carri evitando il rischio di veder sprofondare le ruote nella sabbia. Nel tratto rivierasco di Platamona non sono state ritrovate ville costiere o altri resti di edifici presenti invece in altri tratti della costa, come ad esempio a Santa Filìtica, in agro di Sorso, dove restano le strutture di una villa costiera d'epoca imperiale sulle cui rovine sorse in epoca cristiana (V-VII secolo) una chiesa e un piccolo stanziamento di alcune abitazioni.

In età moderna, ossia nei secoli XVI XVII e XVIII, di Platamona si occuparono studiosi sardi quali Giovan Francesco Fara, Francesco Vico e vari altri ancora. Il primo per ordine di tempo fu il Fara a scrivere di Platamona nella sua opera sull'assetto geografico della Sardegna (intitolata In Sardiniae Chorographiam): il Fara si riferisce a Platamona sia come stagno costiero sia come isolotto o scoglio prospiciente la costa all'epoca (come oggi) proprietà del villaggio di Sorso. Ancora oggi dinanzi la costa presso la rotonda si nota lo scoglio di Platamona citato dal Fara. Ma sempre dal Fara apprendiamo anche che ai suoi tempi (e così anche nei secoli seguenti fino al pieno Ottocento), per indicare la spiaggia si adoperava il toponimo dell'adiacente sito di Abbacurrente.

Che fosse lo stagno a portare il toponimo Platamona lo attesta anche il fatto che esso fece parte, per quasi 130 anni, di un Marchesato: è una storia che assai pochi conoscono, ma lo specchio d'acqua, pescoso in età moderna perlomeno (sebbene anche malarico), attirò le attenzioni del Regio Fisco Spagnolo prima e Sabaudo poi. Infatti il Regio Fisco del Regno di Sardegna decise, nel 1708, di formare un feudo unendo lo stagno di Platamona alla ricca tenuta di La Crucca (2.000 ettari) e allo Stagno di Cagliari di Santa Gilla (esattamente l'isola di San Simone, detta “Sa Iletta” e le peschiere di Ois e Sa Coa), aggiungendovi anche gli appalti per le “Scrivanie” delle Vicarie (sarebbe l'appalto della gestione delle Cancellerie dei Tribunali: allora si affidavano a privati) di Sassari e Bosa. Questo nuovo feudo, formato da territori posti ai due capi dell'isola e da due appalti pubblici, fu chiamato “Marchesato di Las Conquistas”, titolo altisonante al massimo grado e spiegabile forse come uno stratagemma ante-litteram di “marketing feudale” per rendere accattivante in realtà l'infeudazione di un insieme non proprio organico di rendite dislocate in ambo i capi della Sardegna... Comunque il feudo di Las Conquistas fu concesso a Michele Cervellon. La famiglia Cervellon si estinse nel 1768 e per via di matrimonio dell'ultima discendente femmina, Maria Vincenza Cervellon, passò a Francesco Vico, suo marito. Francesco Vico Marchese di Las Conquistas morì nel 1801 e lasciò il titolo e feudo relativo in eredità a Vincenzo Amat Marchese di San Filippo, che nel 1826 cedette i 2.000 ettari di La Crucca al Regio Fisco e mantenne il titolo di Marchese di Las Conquistas. Il Marchesato fu abolito nel 1840 insieme a tutti gli altri feudi sardi.

Dopo la prima metà del Novecento si apre per Platamona (ossia la spiaggia divisa tra la piccola porzione sassarese e l'ampia fascia sorsese) un cinquantennio nuovo, all'insegna dello sviluppo urbanistico e del costume sociale contemporaneo.


 

Dati di Riferimento
Anno di esecuzione1951
Misure dell'operacm. 57 x 47
Segnalazione di particolarità e/o allegati

L'opera è stata acquisita con delibera n. 34 del 11/03/2008.

All'opera è allegata una foto di Salvatore Marras che ritrae l'artista mentre esegue l'opera

Struttura di Sostegno
Materiale costitutivoCartone pressato
Segnalazione di particolarità e/o allegatiIl cartone è stato resecato per dedicarlo alla cornice
Il Supporto
Presenza di un supporto originalePresente
Nome della fibra tessile e/o del materiale costitutivoTela di cotone di tipo industriale
Presenza di un sistema di aggancio della tela al telaioLa tela è incollata al cartone
Strati Preparatori
Presenza di strati preparatoriPresenti
Informazione sui materialiPreparazione acrilica industriale
Descrizione del coloreBianco
Pellicola Pittorica
Aspetto della pennellata e/o del "ductus"Fluida, corposa con medio rilievo
Presenza di iscrizioniPresenti
TrascrizioneC. Spada 951
Tecnica di scritturaA pennello
Tipo di caratteriCorsivo
LocalizzazioneQuadrante inferiore di destra
OriginalitàOriginale
Presenza di mutamenti del colorePresenti
TipologiaVariazioni di tono da esposizione diretta a luce e smog
Vernice
Presenza della vernice e/o finitura originaleAssente