Scultore e ceramista, Gavino Tilocca nacque a Sassari il 13 maggio 1911, figlio di Giuseppe, marmista, e di Vittoria Pinna. Grazie al lavoro del genitore Tilocca poté avvicinarsi sin dall'infanzia al mondo della scultura, potendo osservare i lavori del padre che prendevano forma giorno dopo giorno nella bottega. Conseguito il diploma presso l'Istituto Tecnico “Alberto Ferrero La Marmora” di Sassari e dimostrando di esser dotato di buone capacità plastiche, Gavino Tilocca fu mandato nella città di Carrara, dove nel gennaio del 1930 sostenne e superò l'esame di ammissione nella locale Accademia di Belle Arti. Fu là che le doti naturali furono ben instradate nella correttezza delle tecniche e nei gusti delle forme: suo insegnante e maestro fu lo scultore Arturo Dazzi (Carrara, 13 luglio 1881 – Pisa, 16 ottobre 1966), che gli trasmise la passione per il classicismo verista. Tilocca conseguì il diploma all'Accademia carrarese nel 1933, ma ancora studente, alcuni mesi prima, partecipò alla IV Mostra Interprovinciale Sindacale Sarda, la prima di una lunghissima serie di esposizioni in cui furono presenti sue opere. Il rientro in Sardegna lo portò a Cagliari per assolvere la Leva e nel capoluogo sardo rimase altri quattro anni, alternando soggiorni nella natia Sassari, fino al 1939. Nel periodo cagliaritano Tilocca ebbe modo di entrare nella cerchia artistica e intellettuale locale, stringendo amicizia con artisti quali Cesare Cabras e Tarquinio Sini (Sassari, 27 marzo 1891 – Cagliari, 17 febbraio 1943). Vinse il Primo Premio per la Scultura alla VII Mostra Interprovinciale Sindacale, nel 1936, e nel triennio successivo tenne l'insegnamento di Disegno al Liceo Scientifico di Iglesias. L'arte scultorea di Tilocca, classica e non regionalistica, fu apprezzata molto ed ottenne importanti commissioni pubbliche a partire dal 1937, quando su invito di Filippo Figari presentò il bozzetto per la statua di Santa Barbara, che eseguì l'anno dopo in marmo, per l'allora appena eretta chiesa di Carbonia, la parrocchiale di San Ponziano, alla cui decorazione parteciparono anche Eugenio Tavolara e Figari, il primo con una Via Crucis e il secondo con una vetrata. Nello stesso periodo partecipò a mostre in Sardegna nei tre capoluoghi provinciali e a Napoli (II Mostra Nazionale Sindacale). Nel 1939 rientrò a Sassari e l'anno successivo formò il modello in creta del rilievo de “I dieci Comandamenti”, opera per il Tribunale sassarese commissionata a Eugenio Tavolara e realizzata poi in pietra dallo scultore Gildo Fina (Roma, prima metà del XX secolo). Nel 1940 sposò Maria Cleriti e fu chiamato a prestare servizio nell'Esercito all'entrata in guerra dell'Italia: ottenne il servizio in territorio sardo, cosicché poté ancora dedicarsi alla sua arte, riuscendo a esporre sue opere a Venezia (alla XXII Biennale), a Milano (alla III Mostra Nazionale Sindacale) e a Roma (Mostra Nazionale Artisti Italiani in Guerra). Il peggiorare della guerra e delle sorti dell'Italia fascista portarono Tilocca a cessare momentaneamente la sua attività, ma la sosta durò breve tempo: nel 1944 riuscì ad allestire la sua prima mostra personale alla Galleria L'Acquario di Sassari, dove riprese definitivamente residenza. L'anno seguente ripeté l'esposizione a Sassari invitandovi anche l'amico Cesare Cabras, mentre a Cagliari vinse il Primo Premio per la Scultura alla I Libera Esposizione Regionale d'Arte. Con il 1946 riprese il suo insegnamento, dapprima a Sassari nelle scuole medie e poi per un solo anno ad Alghero, nel 1951, all'Istituto d'Arte: artisticamente fu assai attivo, partecipando a numerose mostre tenutesi a Cagliari, a Roma, a Venezia (Fondazione Bevilacqua La Masa, 1949), oltre che ricevere molte commissioni private e pubbliche in Sardegna e a Milano, inoltre approcciò con successo la pittura ottenendo riconoscimenti in alcune mostre. Gli Anni Cinquanta, aperti con la nascita del figlio Angelo nel 1952, furono segnati da una grande attività espositiva in varie città italiane: Tilocca fu una presenza assidua e apprezzata: la sua arte era evoluta rapidamente con il Dopoguerra e si avvicinava nei valori plastici e nella carica ieratica ai risultati di Marino Marini (Pistoia, 27 febbraio 1901 – Viareggio, Lucca, 6 agosto 1980) e Giacomo Manzoni (nome d'arte Giacomo Manzù, Bergamo, 22 dicembre 1908 – Roma, 17 gennaio 1991). Assai importante fu per Gavino Tilocca il 1955: in quell'anno iniziò la produzione di ceramiche, attività a cui dedicò circa venticinque anni della propria lunga carriera, affiancandola a quella di scultore. La spinta a intraprendere la produzione ceramica gli fu data dalla commissione di una decorazione a bassorilievo per il Centro Antitubercolare di Tempio, richiestagli dall'architetto Vico Mossa (Serramanna, Cagliari, 15 ottobre 1914 – Sassari, 23 marzo 2003). Il Tilocca ceramista fu un artista sperimentatore, che perseguì nuove forme rivolgendo lo sguardo alla radice più arcaica della Sardegna, fino a toccare la koinè mediterranea dell'età primitiva, riducendo le forme a purezze che si rispecchiavano nelle plastiche novecentiste. Questa sua visione gli portò successo: realizzò i pannelli per il Padiglione dell'Artigianato ai giardini pubblici di Sassari, progettato dall'architetto Ubaldo Badas (Cagliari, 27 giugno 1904 – 12 aprile 1985) e un graffito per la sede dell'Ente del Turismo regionale a Tempio (Sassari). Anche come ceramista Tilocca raccolse molti premi partecipando a numerose mostre, fino alla fine del decennio. Con il 1960 si apre una nuova stagione d'insegnamento, chiusasi la precedente nel 1952 con un dissidio con Figari. Mauro Manca, nuovo dirigente dell'Istituto d'Arte di Sassari, lo chiamò per organizzare e dirigere la Sezione Ceramica, con il laboratorio: l'insegnamento assorbì una buona parte del tempo e delle energie di Tilocca e si prolungò per oltre un quindicennio, fino al pensionamento nel 1976. Malgrado quest'incombenza, riuscì comunque a esser presente a molte mostre nazionali e anche estere, come pure poté esaudire diverse commesse pubbliche e private sia per rilievi in ceramica sia per sculture. Nel 1974 fu chiamato da Vico Mossa, che curava il restauro della tardo manierista fontana sassarese del Rosello, per eseguire una copia della statuetta di San Gavino, posta sulla sommità e scomparsa da tempo: oggi quella che svetta sopra la monumentale fontana è l'opera di Tilocca. Con la fine degli Anni Settanta cessò lentamente anche la produzione ceramica: il decennio successivo segnò per lo scultore un momento di riavvicinamento alla plastica e di rielaborazione, un cammino portato avanti nel suo studio sassarese, posto in Viale Adua 30 (ancor oggi allestito, e curato dal figlio Angelo), in maniera appartata, con lunghe riflessioni, impegnandosi con vari materiali (terracotta, gesso, marmo, bronzo): partecipò a pochissimi eventi espositivi, tutti tenutisi a Sassari o a Cagliari. L'ultima sua mostra fu una personale al Palazzo della Provincia di Sassari, nella primavera 1997. Tilocca si spense il 1° dicembre 1999.
Bibliografia
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