Delicato e intimistico, attento alla realtà della sua città: Antonio Pintus sembra delinearsi così da quest'opera datata 1932 e presa dall'osservazione diretta degli acquaioli alla fontana di Rosello, nell'omonima valle presso il centro storico urbano, probabilmente molti anni prima, contando che la figura dell'acquaiolo scomparve da Sassari a seguito dell'inaugurazione dell'acquedotto civico nell'agosto 1880. Non sapremo mai se fu nell'infanzia che Pintus fissò questa delicata immagine, di sapore e aria tutta ottocentesca, romantica e realista. La parete marmorea della fontana del Rosello, eseguita nel 1606, fa da quinta al lavoro quotidiano dell'uomo che carica sul basto dell'asinello le caratteristiche, affusolate botticelle colme d'acqua, per accingersi alla consegna dentro la città: notevole la cura messa dall'artista per rendere il manto irsuto dell'asino, reso con ottimo disegno e bravura nel tratto.
Da notare la firma in basso a destra: entro un triangolo sono contenute le lettere sue iniziali, mentre una “F.” stante per “fecit” sottostà all'insieme. L'elaborazione di una firma così lascia supporre una professionalità del Pintus, non certo amatorialità.
La fonte d'ispirazione:
Il Rosello di Sassari
La fontana di Rosello fu dal Medioevo una delle fonti di approvvigionamento della popolazione sassarese: essa è posta nell'omonima vallata, attraversata dal piccolo fiume di acque perenni che proviene dalla vallata più a monte, chiamata dell'Eba Giara, ossia dell'”Acqua chiara. L'acqua del Rosello fu decantata per la sua bontà nel XVI secolo dal poeta sassarese Gerolamo Araolla. L'attuale fontana, monumentale, è una struttura di forma assai singolare, edificata tra il 1603 e il 1606 da maestranze originarie di Genova. La struttura si compone di due parallelepipedi sovrapposti, quello superiore di dimensioni minori: le facce di entrambi hanno un paramento in lastre di marmo bianco con una decorazione a riquadri in marmetta di tonalità verdastra, mentre alla base vi sono i mascheroni da cui sgorga l'acqua (tre sui lati lunghi, uno sui corti) più altre quattro bocche poste negli angoli, sopra di cui sono le statue raffiguranti le quattro stagioni (le originarie, danneggiate durante i moti antifeudali del 1796, furono sostituite da altre nuove nel 1828); il primo corpo è concluso da una cornice che presenta nel lato volto al centro storico l’epigrafe dedicatoria e al centro è posta una piccola statua raffigurante un uomo barbuto sdraiato, allegoria classicista della divinità delle acque, mentre sui quattro angoli si levano delle torri quadrate in pietra ed un'altra, tonda, si leva dal lato opposto a quello della divinità delle acque e reca sulla fronte lo stemma con i “pali” di Aragona, scolpito a rilievo (le torri sono simbolo della Municipalità sassarese, lo stemma aragonese rimanda allo stemma composito dei regni Spagnoli); il dado più piccolo ripropone anch'esso un paramento in marmi bianchi con riquadri di tono verde scuro, le torri quadrate ai vertici e due archi che si incrociano partendo dai vertici e sopra essi al centro un dado sorregge la statua di San Gavino a cavallo (l'originale andò perduta alcuni decenni fa e fu sostituita nel 1974 da una copia eseguita da Gavino Tilocca).
Il nome pare essere il risultato modificato nel tempo di un medievale “Gurusel(e)”, toponimo di non chiara etimologia, poi divenuto “Rusel” e quindi “Rosello”
Per le sue forme e la sua collocazione, oltre che per il legame identitario e simbolico con la città, la fontana è stata soggetto di ispirazione per molti artisti sassaresi, oltre che esser raffigurata in stampe e immagini fotografiche.
L'accesso storico al Rosello è costituito da una larga e lunga rampa, che discende il fianco della vallata. Quella zona in pendenza anticamente era detta “Sa Mandra” e dal XVII secolo fu occupata dalla Chiesa della Santissima Trinità e dal convento annesso, oggi suddiviso in abitazioni private. La rampa fu discesa e risalita da generazioni di sassaresi: non essendovi acquedotto in città fino all'ultimo quarto dell'Ottocento, chi poteva permettersi la spesa acquistava l'acqua della fonte di Rosello, la migliore della città, che veniva trasportata fino a casa dagli acquaioli che adoperavano gli asinelli per caricare le botticelle d'acqua, facendo così divenire la figura di acquaiolo e asinello uno degli elementi caratteristici della dimensione urbana sassarese; anche le lavandaie (popolane e servitrici in case nobili e borghesi) si recarono per secoli al Rosello per adoperare il lavatoio posto a fianco della fontana. Il lavatoio esiste tutt'oggi ed è assai antico: fu eretto nell'attuale forma della vasca probabilmente in contemporanea al rifacimento in forme tardo-manieriste della fontana, di fatto era assai utilizzato ed era chiamato “la galera” per la sua forma che ricordava le lunghe, basse navi da guerra a remi e a vela latina usate per pattugliare le coste e i cui vogatori erano di norma dei carcerati, da cui il nome di galera trasposto anche alle carceri.
Dati di Riferimento | |
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Anno di esecuzione | 1932 |
Misure dell'opera | Lastra: cm 19,5 x 14 |
Il Supporto | |
Presenza di un supporto originale | Presente |
Nome della fibra tessile e/o del materiale costitutivo | Carta per incisioni |
Presenza di lacune | Presente una lacuna nel quadrante inferiore di sinistra - retro |
Presenza di modificazioni causate dall'azione di organismi | Presenti |
Descrizione dell'aspetto di queste modificazioni | Ingiallimento da ossidazione |
Strati Preparatori | |
Presenza di strati preparatori | Assenti |
Pellicola Pittorica | |
Aspetto della pennellata e/o del "ductus" | Xilografia |
Presenza di iscrizioni | Presenti |
Trascrizione | A.P. |
Tecnica di scrittura | Inciso in lastra |
Tipo di caratteri | A stampatello |
Localizzazione | Quadrante inferiore di destra |
Vernice | |
Presenza della vernice e/o finitura originale | Assente |