L'opera è un esempio in scala ridotta delle pietre sonore prodotte da Sciola a partire dal 1996. Ogni pietra ha capacità sonore, ma sono i massi di determinate dimensioni a consentire di ottenere maggior ritorno acustico. Esteticamente questo pezzo, come anche le altre opere di differente scala, si presenta con una faccia incisa ortogonalmente da tagli orizzontali e verticali, ottenuti qui manualmente e con seghe a lame circolari raffreddate ad acqua nei grandi macigni: incidendo, alcune porzioni di pietra (a forma di “tozzetti” quadrangolari) possono staccarsi per fessurazioni naturali della roccia e il tutto è ben accetto all'artista perché saranno quelle irregolarità a creare le differenze di tonalità acustiche nel pezzo, facendo di ogni singola scultura un unicum dal punto di vista della sonorità. Quella di Sciola è una ricerca profonda, romantica, fondata sulla materica essenza della propria terra, la roccia sarda, che diviene strumento musicale ma anche scultura astratta, entrando così in una dimensione artistica e nel contempo intimistica.
La fonte d'ispirazione:
San Sperate paese-museo
Nel 1967, grazie all'idea di Pinuccio Sciola, San Sperate divenne un “Paese-Museo”: furono creati diversi eventi a cui parteciparono artisti italiani e stranieri. Sciola cominciò a dipingere le facciate delle case di bianco per la festa del Corpus Domini e poi, dopo avere iniziato egli stesso a farlo, invitò tanti artisti perché dipingessero sui muri del paese le loro opere: dette il via al Muralismo sansperatino. Dopo il soggiorno in Messico nel 1973, sempre Sciola diede nuovo impulso perché il suo paese natio potesse divenire un punto di riferimento per le espressioni artistiche spontanee, popolari e innovative: fu un decennio di grande fermento del Muralismo, partecipandovi diversi artisti sardi. A San Sperate oggi sono ammirabili circa 260 murales, “esposte” al visitatore per le vie del paese: i disegni sono fatti tecnicamente per durare, con colori adatti all'esposizione agli agenti atmosferici stesi su supporti di buona qualità, vi sono anche opere eseguite a graffito ed altre con tecniche sperimentali.
Il paese di San Sperate è ricco di storia: il territorio era frequentato già dalla preistoria e nell'età del Ferro vi fu un insediamento punico abbastanza importante, i cui abitanti crearono ben quattro aree funerarie o necropoli. Nel 1876 fu trovata in una di queste necropoli la maschera punica “ghignante”, assai bella e pubblicata in moltissimi volumi, conservata al Museo Nazionale Archeologico di Cagliari.
In epoca romana il centro abitato ebbe il nome di Valeria, ma in epoca Bizantina, essendovi stato trasportato il corpo di San Sperate, per sottrarlo ai Vandali in Africa settentrionale, il centro cambiò il nome in onore alle sacre reliquie, custodite nella parrocchiale e facendo del santo il patrono del centro abitato.
Oggi il paese conta oltre 7700 abitanti e rientra nell'area vasta di Cagliari, beneficiando della dinamicità economica del capoluogo regionale.
Dati di Riferimento | |
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Anno di esecuzione | Ignoto |
Misure dell'opera | cm. 40 x 40 x10 |
Il Supporto | |
Presenza di un supporto originale | Presente |
Nome della fibra tessile e/o del materiale costitutivo | Trachite |
Presenza di un sistema di aggancio della tela al telaio | Presente |
Tipologia dell'ancoraggio | Un tenone di trachite scolpito nel supporto, si inserisce nella mortasa scavata nel basamento |